Con l’autostrada tirrenica un salto indietro di 30 anni


Il progetto dell’autostrada tirrenica rischia di portarci indietro di trent’anni, quando i paesi della Maremma livornese e grossetana erano attraversati dalla vecchia statale Aurelia, non più adatta al traffico delle automobili e dei mezzi pesanti. A Cecina, Donoratico, San Vincenzo e giù giù in molte altre località, attraversare la strada era diventato un incubo, mentre lunghe code di veicoli si snodavano ai semafori e agli incroci.

Poi tra gli anni ’80 e ’90 fu realizzata la variante Aurelia, strada statale a quattro corsie da Grosseto a Rosignano, e fu la rinascita per la vita di queste comunità, mentre il traffico poteva scorrere veloce sulla nuova arteria. La stessa cosa non fu fatta da Civitavecchia a Grosseto: qui l’Aurelia presenta ancora vari incroci a raso e qualche tratto a due sole corsie. Non è vero dunque, come dicono strumentalmente i sostenitori dell’autostrada, che da Rosignano a Civitavecchia non c’è niente e tutto si interrompe: c’è una buona superstrada, tranne che per una ventina di chilometri dove le corsie sono due, inserita nell’itinerario europeo E80.

La logica vorrebbe che il necessario ammodernamento di questa infrastruttura riguardasse prima di tutto quei 20 chilometri, trasformandoli in strada a quattro corsie, oltre all’eliminazione degli incroci a raso a sud di Grosseto. Senza spese enormi avremmo una infrastruttura stradale moderna e adeguata al traffico sulla direttrice tirrenica.
Invece si è voluto puntare al progetto più costoso e impattante, ambientalmente e socialmente: la soppressione della variante Aurelia e la sua trasformazione in autostrada, affidandone peraltro la costruzione e la gestione ad un soggetto privato non immune da conflitti di interessi e intrecci affari-politica purtroppo bipartisan.

Qualcuno ha parlato di “truffa”. Il tutto equivarrebbe in effetti alla dismissione di un servizio pubblico gratuito in favore della gestione privata di un servizio a pagamento, senza possibilità di scelta per gli utenti.
Il progetto della SAT prevede infatti salati pedaggi per tutti (malgrado le patetiche formule sulla “gestione equilibrata” delle tariffe) e l’assenza di viabilità alternativa, a meno che non si voglia considerare tale la vecchia Aurelia, la stessa che – appunto – attraversava i paesi con enormi problemi di vivibilità e di sicurezza.

Chi vuole a tutti i costi l’autostrada tira fuori la favola stantìa dello sviluppo. Ma sono finiti i tempi in cui un’autostrada poteva significare sviluppo dei territori attraversati.
Oggi essa certificherebbe piuttosto il loro irreversibile declino e un pericoloso cambiamento d’identità. Di sviluppo sostenibile si potrebbe parlare prendendo in esame l’intera problematica del corridoio tirrenico, che non è solo autostrada, ma anche ferrovia e navigazione.

Ora che, dopo molti comitati e associazioni, tutte le istituzioni locali (tranne il Comune di Piombino) si sono espressi contro il progetto, anche la Regione Toscana dovrà tenerne conto. Come? Intanto applicando al progetto dell’autostrada tirrenica il “dibattito pubblico sui grandi interventi” previsto dal capo II, artt. 7-10, della legge regionale 69/2007 sulla partecipazione, come già auspicato per altri importanti snodi infrastrutturali toscani dall’appello pubblicato il 29 luglio scorso sul Tirreno e sottoscritto da numerosi intellettuali tra cui Umberto Allegretti, Luigi Bobbio, Alberto Magnaghi, Emanuele Rossi e altri.

Rossano Pazzagli, docente  di storia moderna
Il Tirreno 21.8.2011


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